L’impatto dell’IA nel mondo del lavoro

28.02.2024

La pervasività dell’intelligenza artificiale nella nostra vita desta preoccupazioni più che giustificate.
I grandi centri di ricerca internazionali hanno provato a rispondere con dati e analisi di prospettiva all’impatto futuro dell’IA nel mondo del lavoro.

Secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi), l'intelligenza generativa impatterà sul 40% delle professioni e allargherà i divari di ogni tipo, a partire da quelli economici. Sarà possibile evitare il crollo sociale attivando reti di sicurezza e strategie politiche per la tutela dei più vulnerabili.

Molto critici con l’ottimismo che permea questo studio sono le analisi di prospettiva della Pennsylvania University e di Goldman Sachs. Ma per ragioni diverse. E senza dimenticare che tutti e tre questi enti sono comunque interessati a generare movimenti giganteschi del mercato e possibili speculazioni.

Lo studio del Fondo monetario internazionale
Nell'introduzione allo studio, Kristalina Georgieva, direttrice generale del Fmi, scrive: "Nella maggior parte degli scenari l’intelligenza artificiale peggiorerà la disuguaglianza complessiva e le azioni politiche dovranno impedire la preoccupante tendenza che la tecnologia alimenti ulteriormente le tensioni sociali".

Secondo l'analisi, l'intelligenza artificiale sostituirà il 60% dei posti di lavoro nei Paesi economicamente avanzati e il 26% dei ruoli nei paesi a basso reddito. Il 40% delle professioni nei mercati emergenti o con particolari caratteristiche come Cina, Brasile e India ne sarà profondamente colpito. L’IA potrebbe essere un vantaggio, migliorare la produttività dei dipendenti, sollevarli da mansioni ripetitive e meccaniche.
Ma rischia anche di sostituirli, mandando all’aria l’intera richiesta di manodopera nel mercato. Con un gravissimo ritorno sui salari e sull’intera società.

I lavori più a rischio
Lo studio dell'Fmi, introdotto da Georgieva, stima che i lavori "più al sicuro" sono quelli che hanno "un'elevata complementarità con l’intelligenza artificiale". La tecnologia non andrà a sostituire, ma aiuterà chi ricopre un alto grado di responsabilità. Nella lista compaiono chirurghi, avvocati e giudici.
Tra i lavori ad alta esposizione, quindi con "bassa complementarità", ci sono invece gli operatori di telemarketing, i venditori, i lavapiatti, e gli artisti. "Circa la metà dei posti di lavoro esposti potrebbero trarre vantaggio dall'integrazione dell’intelligenza artificiale, migliorando la produttività. Per l’altra metà no, l’intelligenza artificiale potrebbe eseguire compiti chiave attualmente svolti dagli esseri umani, il che potrebbe ridurre la domanda di manodopera, portando a salari più bassi e a una riduzione delle assunzioni. Nei casi più estremi, alcuni di questi posti di lavoro potrebbero scomparire".

Rafforzare le politiche sociali e quelle del lavoro
"È fondamentale - si legge nell'analisi di Georgieva - che i paesi istituiscano reti di sicurezza sociale che offrano programmi di riqualificazione per i lavoratori vulnerabili. In questo modo possiamo rendere la transizione verso l’IA più inclusiva, proteggendo i mezzi di sussistenza e frenando la disuguaglianza".

Nel rapporto del Fondo monetario internazionale, viene anche sottolineato come “le scelte dei Paesi per definire i diritti di proprietà dell’IA, così come le politiche redistributive e altre politiche fiscali, determineranno in definitiva il suo impatto sulla distribuzione del reddito e della ricchezza”.

Pareri contrastanti e altri studi
Lo studio dell’Fmi afferma tesi diverse da quelle che a marzo 2023 aveva diffuso la Goldman Sachs. Secondo l’importante ente di lobby e analisi economica, 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno potrebbero venire meno. Ma la chiave resta sempre quella di poter regolamentare l'accesso e la gestione.

L’Università della Pennsylvania invece ha analizzato l’impatto delle tecnologie GPT (Generative Pre-trained Transformer) sul mercato del lavoro. Nel documento si legge che l’intelligenza artificiale generativa impatterà l‘80 percento delle persone, mentre il 20 percento potrebbe subire un cambiamento radicale riguardo ai tempi, modi, stipendi, offerta di lavoro.

Lo studio della Pennsylvania University, però, mostra che l’IA impatterà maggiormente sulle professioni ad alto reddito, sono più al sicuro le professioni creative, e resisteranno invece benissimo i lavori manuali che non verranno travolti dalla rivoluzione dell’IA. Tra questi, muratori, idraulici, cuochi, e baristi.
L’esatto contrario dello studio Fmi, insomma!
La tecnologia non sostituirà gli umani, ma il fenomeno potrebbe trascinare verso derive pericolose. Tutte le analisi rimandano alla necessità di accordi internazionali nella gestione politica del fenomeno.

Fonti



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