Sole e nomadi digitali, connubio perfetto?

29.05.2024

Secondo uno studio di Statista del 2021 e uno di Nomad List realizzato nel 2023, il nomadismo digitale riguarda dai 35 ai 55 milioni di lavoratori in tutto il mondo. E secondo il primo studio, questi sono portatori di un valore economico complessivo di circa 1500 miliardi di dollari, senza contare l’indotto che stimolano.

E in italia? Il Rapporto sul Nomadismo digitale in Italia nel 2023, pubblicato dall’Associazione italiana nomadi digitali riferisce che le persone di nazionalità Italiana in giro per il mondo che si definiscono nomadi digitali sono più di 800 mila. Al tredicesimo posto nel mondo.

A questo numero si aggiunge quello del complesso dei lavoratori non italiani che scelgono di lavorare dall’Italia. L’Eurispes segnala che questi lavoratori siano circa 3,65 milioni.

Parola d’ordine: workation

Il fenomeno del nomadismo digitale ha portato a coniare un neologismo, workation, che è la crasi tra work e vacation. Lavoro e vacanza. I dati Eurispes spiegano bene questo fenomeno: dell’esercito complessivo di 4 milioni di nomadi digitali, infatti, l’80% esprime la volontà di lavorare in località balneari, posti dal paesaggio gradevole e, in genere, piccoli centri cittadini e non grandi metropoli caotiche.

Da qui, il lato oscuro della medaglia: solo il 14% di loro sono riusciti nell’intento. Perché mancano le infrastrutture; perché gli ambitissimi piccoli centri soffrono di turistificazione, con prezzi improponibili per una fascia molto estesa di lavoratori; perché non ci sono luoghi attrezzati. E, purtroppo, per il problema numero uno di tutto questo ragionamento: l’assenza di connessioni internet affidabili.

Insomma, il quadretto della casa sul mare con il sole, il cocktail, l’amaca e il personal computer vive più nei nostri cuori che nella realtà. Ma proprio per risolvere questi problemi sono nate alcune associazioni di settore, ma anche le aziende hanno compreso che permettere queste condizioni è un’importante strategia di “talent retention and attraction”.


Quando ci sono le sinergie, tutto può funzionare

“Implementare un sistema di workation significa poter svolgere determinate mansioni fuori dall’ufficio, volendo anche dall’estero. Con la consapevolezza di avere un carico di lavoro minimo tale da permetterci di combinare tempo libero e obblighi entro un periodo temporale prestabilito”. Risponde così all’Ansa, Arianna Lamera, Talent acquisition & People business partner di Factorial, piattaforma di gestione automatizzata delle risorse umane.

Le aziende sensibili alla questione, forti dell'esperienza di tre anni di Grandi Dimissioni, hanno messo in campo numerose iniziative: garantire percorsi di formazione, magari in posti e ambienti dinamici e stimolanti; riconoscimenti e compensi equi e meritocratici. La workation incarna tutte queste possibilità, perché può giocare un ruolo determinante, in quanto la possibilità di permettere ai dipendenti un periodo di lavoro, più o meno circoscritto, in luoghi di villeggiatura e lontano dall’ufficio, può influenzare significativamente la decisione di una persona di entrare o di rimanere nell’azienda. Allo stesso modo, la contrattazione con le agenzie immobiliari trova una maggiore solidità se effettuata dalle aziende per i propri lavoratori, piuttosto che dai singoli.

Lo scoglio normativo

Raggiunto ancora una volta dall’Ansa, Alberto Mattei, presidente dell’Associazione italiana Nomadi digitali, fa il punto sul quadro normativo di acquisizione della figura del nomade digitale. In quanto lavoratori, queste figure devono essere destinatarie di tutele e di obblighi. "Quello che sicuramente accomuna la maggior parte dei nomadi digitali è l'esigenza di maggiore flessibilità, la possibilità di gestire in autonomia il proprio tempo, e la libertà di poter scegliere di volta in volta dove vivere e lavorare".

"Non è possibile delineare dei profili standard del nomade digitale. Questo stile di vita e di lavoro, infatti, interessa sempre più persone di tutte le età con competenze e background professionali e personali molto diversi tra loro".

L'esigenza di tutela si scontra con la tipica lentezza ricettiva dell'ordinamento italiano. Tre lavoratori su dieci, infatti, esprimono l’esigenza di convenzioni con professionisti, organizzazioni o istituzioni che li aiutino a orientarsi nel dedalo fiscale, legale, amministrativo e assicurativo.

“L’idea di lavorare da remoto entusiasma moltissimi professionisti, che però poi si scontrano quasi subito con le complessità che si porta dietro gestire una situazione non ancora totalmente regolata dal punto di vista normativo". È l'analisi di Gianluca Tirri, Managing director della start up italiana Quickfisco. "È necessario aiutare sia i professionisti italiani che lavorano con l’estero, sia i sempre più numerosi professionisti stranieri che scelgono l’Italia come base per lavorare con aziende internazionali. Per entrambi, il disorientamento è la condizione dominante nell’approcciare il lavoro da remoto”.

Il visto di soggiorno per il nomade digitale

Dato l’indotto potenziale, in quasi tutto il mondo si rilasciano visti di soggiorno speciali per i nomadi digitali. Dopo oltre due anni di attese, anche l’Italia si è dotata di un regolamento in questo senso. Questo, però, al momento riguarda solo professionisti altamente specializzati. Leggiamo dal Sole 24 ore, che: il visto si rilascia "ai lavoratori che hanno un reddito minimo annuo non inferiore al triplo del livello minimo previsto per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, che tradotto dovrebbe attestarsi su poco meno di 28mila euro annui. Il nomade digitale dovrà comunque essere in possesso di una assicurazione sanitaria per cure mediche e ricovero ospedaliero valida per il territorio nazionale e per tutto il periodo del soggiorno. Dovrà comunque dimostrare, con documenti o altro, dove alloggia e avere maturato un’esperienza lavorativa di almeno sei mesi da svolgere come nomade digitale o lavoratore da remoto".

Consigli utili per chi vuole diventare un nomade digitale in Italia

In un nuovo approfondimento sulla questione di Ansa Lifestyle, l’esperto in politiche del lavoro e del welfare, Stefano Furfaro, stila una lista di consigli utili per chi vuole trasformarsi in un nomade digitale.

Eccone alcuni.

  • Natura del lavoro
    I nomadi digitali possono essere lavoratori autonomi o subordinati e, a seconda della tipologia, occorrerà verificare come gestire lo spostamento.
  • Immigrazione
    Occorre comprendere quali sono le attività permesse nel paese nel quale ci si reca a seconda del permesso di soggiorno o per lavorare.
  • Fisco
    Lo spostamento della residenza fiscale deve essere valutato in base al paese nel quale ci si reca, ma anche verificando le norme Italiane. Il rischio è di rimanere residenti fiscalmente in Italia e subire una doppia tassazione.
  • Previdenza
    Se lo spostamento in un paese con un sistema previdenziale assente o con un basso prelievo può sembrare conveniente, nel lungo periodo può essere un problema che ci si trova ad affrontare quando non si ha più l’età per svolgere attività lavorativa.
  • Organizzazione
    Verificare orari e connessioni adeguati alla collaborazione con clienti e fornitori e considerare in particolari i fusi orari dei singoli paesi in modo tale da poter lavorare senza disagi.
  • Sicurezza
    Bisogna considerare i rischi di svolgere l’attività in un Paese differente, in cui per rischi si considera anche uno scarso livello sanitario o rischi geopolitici. Per verificare tali rischi si può fare riferimento alla Farnesina.

Se questo articolo vi ha stimolato all’azione…buona workation!

Fonti

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